Frammenti di un insegnamento sconosciuto di P. D. Uspenskij, concepita per offrire una chiara comprensione del pensiero del suo maestro, G. I. Gurdjieff.

Frammenti di un insegnamento sconosciuto è il resoconto di un incontro umano e spirituale unico nel suo genere. Pëtr Dem’janovič Uspenskij, matematico e filosofo russo, racconta con precisione e sincerità il periodo trascorso accanto a Georgij Ivanovič Gurdjieff, mistico armeno dalla mente fuori dal comune, incontrato a Mosca nel 1915. Non si tratta di un libro scritto da un discepolo devoto, ma dal testimone lucido di un insegnamento che sfugge alle categorie della filosofia e della religione. È la cronaca di un apprendistato interiore, di un pensiero che si costruisce attraverso il dialogo, l’esperienza diretta e il dubbio.

Secondo Gurdjieff, l’uomo vive in uno stato di sonno. Crede di essere cosciente, di possedere volontà e identità, ma in realtà è composto da una moltitudine di “io” che si alternano, contraddicendosi continuamente. Tutto in lui è meccanico, ripetitivo, privo di reale consapevolezza. Solo pochi individui, attraverso un lungo lavoro su sé stessi, possono destarsi e intraprendere un cammino di trasformazione interiore. Questa idea, che attraversa tutto il libro, è la chiave dell’intero insegnamento: la possibilità di passare da una vita automatica a una vita vissuta pienamente, nel ricordo costante di sé.

Il “ricordo di sé” è il primo passo verso il risveglio. Non è un esercizio di introspezione psicologica, ma uno stato di attenzione divisa in cui l’uomo osserva simultaneamente il mondo e la propria presenza in esso. È la capacità di essere presenti a ciò che si fa, di non perdersi nelle emozioni, nei pensieri o nelle reazioni. Questo semplice ma radicale atto di coscienza è ciò che distingue l’uomo addormentato dall’uomo che comincia a risvegliarsi.

Gurdjieff propone quella che chiama la “Quarta Via”, un sentiero che unisce e supera le tre vie tradizionali del fachiro, del monaco e dello yogi. Il fachiro lavora sul corpo, il monaco sul sentimento, lo yogi sulla mente; ciascuno di loro si sviluppa unilateralmente, sacrificando la vita ordinaria. La Quarta Via invece non richiede il ritiro dal mondo: il lavoro su sé stessi deve avvenire nel pieno della vita quotidiana, fra le difficoltà, le relazioni e le prove di ogni giorno. È un cammino per chi non vuole fuggire, ma trasformare la propria esistenza dall’interno.

In questo percorso nulla è teorico: ogni idea deve essere verificata nell’esperienza. L’evoluzione dell’uomo non è automatica, non è garantita dal tempo o dalla conoscenza; richiede sforzi coscienti e sofferenze volontarie, cioè la capacità di vedere la propria meccanicità senza fuggirla, di sopportare la frizione tra ciò che si è e ciò che si potrebbe essere. Uspenskij descrive con precisione queste prove, la fatica, l’ambiguità, il senso di perdita che accompagna il lavoro interiore. Ma al tempo stesso mostra la forza e la coerenza del sistema gurdjieffiano, che collega l’uomo al cosmo attraverso leggi universali — la Legge di Tre e la Legge di Sette — principi che regolano ogni processo naturale e spirituale.

Il linguaggio del libro è sobrio e insieme visionario. Uspenskij non abbellisce né idealizza: restituisce il fascino e la difficoltà di un insegnamento che spesso sfugge alla logica ordinaria. Attraverso dialoghi, esempi e aneddoti, emerge la figura di Gurdjieff come un maestro enigmatico, talvolta duro, ma animato da una conoscenza concreta dell’animo umano e delle sue possibilità latenti. Uspenskij lo segue con rispetto, ma anche con un continuo spirito critico: la tensione fra fede e ragione è ciò che dà al testo il suo tono inconfondibile.

Più che un trattato esoterico, Frammenti di un insegnamento sconosciuto è una mappa per chi cerca un risveglio reale. Non propone dogmi né consolazioni, ma un metodo di osservazione e di lavoro su sé stessi che parte dal riconoscimento della propria inconsapevolezza. È un libro che chiede al lettore di non credere, ma di verificare. Di non fuggire dall’esperienza quotidiana, ma di trasformarla in campo di ricerca interiore.

Alla fine della lettura resta l’impressione di aver attraversato un territorio sconosciuto, fatto di idee antiche e modernissime insieme, dove la conoscenza non è sapere, ma coscienza. È un libro che non si esaurisce nella comprensione intellettuale: continua a risuonare, a porre domande, a risvegliare un’intuizione sottile di ciò che potremmo essere se davvero fossimo presenti a noi stessi.

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