Il Buddhismo Nichiren (in lingua giapponese detto Hokke-shū, 法華宗, cioè “scuola del Loto”, originariamente Nichiren-shū, 日莲宗, “scuola di Nichiren”) è l’insieme di scuole buddhiste mahāyāna giapponesi che fanno riferimento alla figura e agli insegnamenti del monaco buddhista Nichiren (日蓮, 1222-1282), vissuto in Giappone nel XIII secolo.
Queste scuole sorgono direttamente dalla sua figura storica di monaco riformatore, ordinato secondo la piattaforma monastica della scuola Tendai. Il loro lignaggio monastico è fatto risalire direttamente al Buddha Śākyamuni e al bodhisattva Bhaiṣajyarāja (“Re della Medicina”, giapp. 藥王 Yakuō) e ripercorre il lignaggio della scuola cinese Tiāntái arrivando al fondatore della scuola giapponese Tendai, Saichō, e infine a Nichiren ritenuto a sua volta la manifestazione del bodhisattva Viśiṣṭacāritra (giapp. 上行意 Jōgyō).
Le dottrine di queste scuole hanno in comune la venerazione e lo studio del Sutra del Loto (sanscrito Saddharmapundarīkasūtra, giapp. 妙法蓮華經 Myōhō renge kyō o Hokkekyō), considerato il più importante e completo insegnamento buddhista, lo studio dei relativi commentari da parte dei maestri cinesi di scuola Tiāntái, Zhìyǐ (智顗, 538-597), Guàndǐng (灌頂, 561-632) e Zhànrán (湛然, 711-782) nonché dello stesso Saichō. Inoltre venerano la pergamena del gohonzon, lo stesso Nichiren e il Buddha eterno rappresentato da Śākyamuni (con l’eccezione della Nichiren Shōshū che considera Nichiren un buddha e non un bodhisattva). La pratica principale è la recitazione del mantra Namu myōhō renge kyō (detto odaimoku o daimoku) davanti allo stesso gohonzon.
Seppur essendo state oggetto di dure persecuzioni religiose, la vitalità delle scuole del Buddhismo Nichiren è comunque dimostrata dal fatto che esse sono sempre riuscite a rinascere e a diffondersi, e rappresentano oggi il ramo di insegnamento buddhista relativamente più diffuso in Giappone, con oltre 35 milioni di seguaci (pressappoco il 28 % della popolazione nipponica) e circa 7.000 tra templi e monasteri, assieme al buddhismo di Nara, alla Jodo-shu e al buddhismo Zen (spesso intrecciati fra essi e con lo shintoismo in un particolare amalgama sincretico detto shinbutsu-shūgō). Nel 34 % dei giapponesi che ha dichiarato nel 2008 di essere esplicitamente e solamente buddhista, la scuola di Nichiren rappresenta quindi la maggioranza assoluta. Secondo altre stime è di poco superato dalla scuola amidista. Assieme allo Zen è anche una delle forme di buddhismo più diffuse nel mondo fuori dall’Asia, specialmente tramite la scuola laica Soka Gakkai che ha circa 12 milioni di membri (8 milioni in Giappone e 4 milioni nel resto del mondo, 70.000 in Italia).
La Nascita delle scuole
Chiamato alla nascita con il nome di Zennichimaro (善日麿), dal 1238 Zeshō-bō Renchō (是生房蓮長) quando fu ordinato monaco e infine dal 1253 (quando proclamò ufficialmente il daimoku) in poi conosciuto come Nichiren (日蓮, “sole-loto”), fu una figura controversa durante l’intero arco della sua vita, e lo è tuttora per via delle diverse dottrine religiose che si rifanno ai suoi insegnamenti, riformati e radicali rispetto al buddhismo pre-esistente. Nato in una famiglia amidista, entrò poi nel lignaggio del buddhismo Tendai per poi abbandonarlo.
Prima di morire Nichiren affidò a sei suoi discepoli il compito di organizzare la diffusione della sua dottrina e quello di curare il monastero Kuon-ji da lui fondato sul monte Minobu nella provincia di Kai. Le turbolenze politiche e militari del Giappone alla fine del XIII secolo non consentivano la presenza costante e contemporanea nel monastero Kuon da parte dei sei discepoli: Nikkō (1246-1333), Niko (1253-1314), Nichiro (1245-1320), Nissho (1221-1323), Nichiji (1250-?), Nitcho (1252-1317). Così Nikkō, riuscendo a garantire una presenza costante nel monastero di Kuon-ji ricoprì, a partire dal 1285, il ruolo di abate. In seguito alla separazione tra Niko e Nikko vertono i due principali rami scolastici Nichiren: il Nichiren-shū che fa riferimento a Niko e il Nichiren-shoshu che invece fa riferimento a Nikko. È da tener presente che la polemica in questione non è di poco conto. Il ruolo assegnato alla figura di Nichiren dalla Nichiren-shoshu è quello di Buddha dell’ultimo giorno della Legge e quindi di fatto viene venerato al posto del Buddha Shakyamuni, l’atteggiamento nei confronti delle altre fedi religiose e delle altre confessioni buddhiste è di gran lunga più rigido rispetto alla Nichiren-shū che continua invece nella venerazione del Buddha Shakyamuni ed è decisamente più tollerante ed aperto nei confronti delle altre scuole buddhiste. Ed è proprio il rapporto con le altre scuole buddhiste e il ruolo da assegnare al proprio fondatore Nichiren la linea di discrimine di tutte le successive separazioni scolastiche all’interno del Buddhismo Nichiren. In seguito Nichiju un ex monaco Tendai convertitosi nel 1378 agli insegnamenti della Nichiren-shu, decise nel 1385 di separarsi da questa scuola fondando a Kyoto la sottoscuola denominata Myomanji-ha, in quanto riteneva la Nichiren-shū troppo conciliante con le altre scuole buddhiste. Tra coloro che preferirono porre l’attenzione (e la venerazione) al Buddha eterno ci furono: Nichiryu (1385-1464) che fondò la scuola Happon-ha, Nichijin (1339-1419) che fondò la scuola Honjoji-ha e Nisshin (1444-1528) fondatore della Nisshin-monryu. Queste scuole unitamente alla Myomanji-ha fondata da Nichiju e alla Komon-ha (nome originario della Nichiren-shoshu) fondata da Nikko, fanno parte della Shoretsu-ha che è la contrazione della frase giapponese Honsho sakuretsu (i primi 14 capitoli inferiori, i secondi 14 capitoli superiori) riferita al Sutra del Loto.
Dopo un avvio difficile, la scuola Nichiren venne riconosciuta dalle autorità di governo nel 1334, rischiando tuttavia un secondo annientamento nel XVI secolo. L’aperta ostilità da parte delle altre scuole buddhiste nei confronti delle scuole del Buddhismo Nichiren fu determinata dal fatto che queste ultime pretendevano di incarnare l’unico, autentico insegnamento del Buddha Śākyamuni, considerando le altre scuole alla stregua di insegnamenti provvisori quando non falsi. Certamente ogni scuola buddhista di ogni periodo e Paese si è sempre considerata portatrice del più autentico o più profondo insegnamento buddhista, la novità in questo senso del Buddhismo Nichiren è consistita nell’aver esplicitato e diffuso apertamente questa convinzione nella pratica del proselitismo tra i laici e tra i monaci. Tutto questo portò le altre comunità monastiche, segnatamente quella del monastero dell’Enryaku-ji sul monte Hiei, ormai trasformatesi come in Occidente in ordini monastico-cavallereschi (sōhei, 僧兵), a guerreggiare apertamente contro i monaci Nichiren. Le tensioni giunsero spesso a provocare il massacro dei monaci rivali e l’incendio dei loro monasteri. Le autorità laiche appoggiarono ora questa ora l’altra fazione in base ai propri convincimenti religiosi. Sopravvissute a numerose persecuzioni e al rinnovamento Meiji, oggi costituiscono una gran parte delle scuole buddhiste giapponesi.
Fondamenti
Il buddhismo Nichiren (o buddhismo di Nichiren) è basato sul Sutra del Loto (Saddharmapuṇḍarīkasūtra, cioè “Sutra del Loto della buona dottrina”, in giapponese 法華経, Hokkekyō, o 妙法蓮華経, Myōhō-renge-kyō nell’espressione traslata dal cinese antico). Comune a tutti i lignaggi è la recitazione o il canto del mantra nam myoho renge kyo come principale pratica e la venerazione della pergamena detta Gohonzon.
Il buddhismo Nichiren accetta buona parte delle idee del buddhismo Mahāyāna e del buddhismo Tendai, riviste da Nichiren: la dottrina dei Dieci mondi di vita, le Dieci Condizioni di esistenza, le Dieci Talità, i Tre Dharma Segreti, il principio dei Tremila Mondi in ogni momento di vita (ichinen sanzen) nel Triplice Mondo, i Tre Gioielli, i Tre Corpi del Buddha (dharmakaya o corpo d’insegnamento, fruizione o corpo visibile eternamente nelle terre pure, ed emanazione o corpo temporaneo), la Triplice Verità (enyū santai), la buddhità come condizione innata (hongaku, o illuminazione intrinseca) di ogni essere senziente (che occorre solo risvegliare) e l’insegnamento delle “tre prove” per la verifica della validità dell’insegnamento. La maggior parte di questi insegnamenti sono uguali per tutte le scuole Nichiren. Nichiren è chiamato spesso Shonin (“santo, saggio”, titolo dato anche a molti suoi allievi diretti) dalla Nichiren-shu, o Nichiren Daishonin (“Nichiren il grande santo” o “il grande saggio”), dalla Nichiren Shoshu e dalla Soka Gakkai, tutti titoli di rispetto religioso.
Venerazione verso Nichiren, il Buddha Shakyamuni e il Sutra del Loto
Gli insegnamenti delle scuole del Buddhismo Nichiren si rifanno sostanzialmente, pur con numerose e drastiche differenze dottrinali, alla dottrina esposta da Nichiren durante le sue predicazioni e riportata nei suoi scritti. Dopo la morte del Maestro tuttavia i suoi sei discepoli diretti iniziarono a differenziare i propri insegnamenti e questo portò alla nascita delle differenti scuole del Buddhismo Nichiren che hanno in comune la pratica del daimoku (un mantra costituito dall’invocazione in giapponese al titolo del sutra del Loto, Nam myoho renge kyo) come unica pratica per l’era di mappo e la venerazione del Sutra del Loto (nella versione di Kumārajīva) considerato, come nella scuola Tendai, l’insegnamento completo impartito dal Buddha Shakyamuni. Sempre come nel Tendai, particolare attenzione viene prestata a due capitoli di questo sutra: il secondo (hoben: mezzi abili o espedienti) e il sedicesimo (juryo-hon: durata della vita del Buddha). In particolare, il secondo capitolo tratta dei mezzi con cui ottenere lo stato di buddhità (giapp. bussho) e il sedicesimo capitolo della durata della vita del Buddha che si è illuminato nell’infinito passato perciò è per sé stesso da sempre illuminato. Tali capitoli vengono a volte recitati come pratica (gongyō) di solito in lingua originale (giapponese antico o cinese antico), ma la Nichiren-shu ammette anche la lettura nella propria lingua. Il daimoku viene spesso effettuato per alcune ore, e il gongyo tradizionalmente ripetuto mattina e sera (con anche cinque preghiere silenziose la mattina e tre la sera; oppure quattro preghiere silenziose, la prima delle quali solo al mattino, prima della lettura del sutra, mentre le ultime tre sia al mattino che alla sera al termine della lettura del testo). Inizialmente la pratica concordata dal patriarca della Nichiren Shoshu comprendeva almeno la recitazione del capitolo XVI in forma completa, ma la Soka Gakkai lo ha ridotto, per i propri fedeli, alla lettura di brani dei due capitoli del Sutra del Loto solo una volta per cerimonia (il capitolo XVI viene recitato solo nella parte in versi chiamata Jiga-ge), eliminando anche le preghiere riferite ai patriarchi della Nichiren Shoshu e ad alcuni divinità buddhiste della scuola, sostituite da preghiere di gratitudine rivolte ai presidenti della Soka Gakkai.
A seconda della tradizione Nichiren, il fondatore è considerato una manifestazione del bodhisattva Viśiṣṭacāritra (上行菩薩, Jōgyō bosatsu) o bodhisattva “Pratiche Superiori” (nominato nel sutra del Loto come uno dei quattro Bodhisattva della Terra) oppure, al pari di Shakyamuni, un vero Buddha, in quanto manifestazione del “Buddha originale eterno dell’ultimo periodo del Dharma” (本仏, Hombutsu), da sempre illuminato secondo le parole riferite a sé stesso da Shakyamuni nel sutra del Loto:
«Io non ho tralasciato l’opera del Buddha nemmeno per un solo istante. Così, da quando ho conseguito la buddhità, è trascorso un tempo estremamente lungo. La mia vita dura da miliardi e miliardi di anni e durante tutto questo periodo io sono sempre vissuto qui e la mia vita non si è mai estinta. Io non mi estinguo mai, e quando annuncio la mia estinzione si tratta solo di un espediente usato per istruire e convertire gli esseri viventi. (…) Non vi è nascita né morte, non vi è esistenza in questo mondo né estinzione. Non è reale né illusorio, non è così né diverso. Non è così come viene percepito da coloro che vi dimorano. (…) Io sono il padre di questo mondo che salva coloro che sono afflitti e soffrono. E questo è il mio pensiero costante: come posso far sì che tutti gli esseri viventi accedano alla via suprema e acquisiscano la Buddhità?»
(Sutra del Loto, capitolo XVI, Durata della vita del Tathāgata)
Nichiren vede inoltre Maitreya, il bodhisattva e prossimo Buddha futuro come una metafora per indicare tutti i bodhisattva e i devoti del sutra del Loto.
Il Buddha Sakyamuni ritratto come il Buddha eterno in una statua coreana (sinistra) e una statuina giapponese di Nichiren in meditazione nella postura seduta tipica dei Buddha e bodhisattva nell’arte buddhista.
Ciò che differenzia, tra loro, le scuole del Buddhismo Nichiren è, nella suddivisione in due parti (本迹二門, giapp. honjaku nimon, cin. běnjī èrmén) del Sutra del Loto, la considerazione della prevalenza o meno delle dottrine esposte negli ultimi 14 capitoli (本門, giapp. honmon, cin. běnmén) rispetto ai primi 14 capitoli (迹門, giapp. sakumon, cin. jī mén). Secondo la Nichiren shū tale prevalenza non esiste a differenza della Nichiren Shōshū per cui invece essa sussiste.
Questa differenziazione dottrinale non è di poco conto. Nei secondi 14 capitoli del Sutra del Loto viene esposta la dottrina del Buddha eterno (giapp. 本佛 Honbutsu o Hombutsu), emanazione del quale sono tutti i Buddha e rappresentato nel sutra da Sakyamuni. Nel Sutra del Loto le sue caratteristiche non sono definite ma richiamano, comunque, la dottrina dell’Ādibuddha (本初佛 cin. Běnchūfó, giapp. Honshobutsu) o Ādinātha (本初主), detto anche Buddha originario o primordiale, origine della natura di Buddha, e raffigurato anche, nella forma Dharmakāya, dalla figura di Vairocana[12]. In accordo col sutra, secondo Nichiren il Buddha eterno è raffigurato da Sakyamuni, mentre le altre raffigurazioni venerate dalle scuole giapponesi (Amitabha, Vairocana) sono emanazioni temporanee del Sakyamuni eterno e non Buddha a sé stanti (peraltro anche nella stessa Jodo-shu amidista, Amitabha è considerato «espressione simbolica della natura ultima» di Shakyamuni, cioè del Buddha eterno[13]). Contro l’amidismo e lo Shingon che venerano una triade o un duo di Buddha – Amida come corpo di Fruizione, Vairocana come corpo del Dharma e Shakyamuni come corpo di Emanazione nello Shingon, Amida (oggetto principale del culto) come emanazione Dharmakaya e corpo di Fruizione della Terra Pura e Sakyamuni come sola Emanazione nell’amidismo[14] – Nichiren ritiene questi degli errori dottrinali e vede un unico Buddha trascendente con tutte queste caratteristiche raffigurato in tutti i tre corpi da Sakyamuni, anche se altri Buddha e bodhisattva sono oggetto di venerazione.
Per la Nichiren Shoshu, l’ultima apparizione del Buddha eterno è Nichiren stesso; se il Buddha è eterno e chiunque può divenire Buddha, allora il Buddha dell’ultimo giorno della Legge (mappō) non può che essere colui che ha predicato la corretta dottrina del Sutra del Loto, ovvero Nichiren. La Nichiren Shōshū sostiene che nel rivelare e propagare i suoi insegnamenti, Nichiren stava realizzando la missione del suo avvento secondo la profezia fatta dal Buddha storico Śākyamuni, che avrebbe predetto che il “Vero Buddha” sarebbe apparso nel “quinto periodo di cinquecento anni dopo la morte di Śakyamuni”, agli inizi di un’età malvagia chiamata Mappō, e avrebbe diffuso l’estremo insegnamento Buddhista (di Honmon, o “vero” insegnamento) per permettere alle persone di quell’epoca di conseguire l’illuminazione, dato che da quel momento in poi i suoi insegnamenti (di Shakumon, o insegnamento “provvisorio”) avrebbero perso il loro potere. L’interpretazione di Nichiren come Vero Buddha e questa svalutazione dei primi capitoli del sutra (che rimandano anche alle Quattro Nobili Verità e al Nobile Ottuplice Sentiero), fatta propria dalla Nichiren Shōshū e dalla Soka Gakkai, non è condivisa invece dalla Nichiren shū che, come anche la Risshō Kōsei Kai, ritiene che il Buddha eterno si sia espresso nella forma del Buddha Śākyamuni a cui va offerta la venerazione restando Nichiren “solo” una manifestazione del bodhisattva Viśiṣṭacāritra. Col distacco dalla Nichiren Shoshu, anche la Soka Gakkai americana ha cominciato a vedere Nichiren come un grande maestro illuminato come descritto nella Nichiren-shu, ma non il Buddha eterno in persona, posizione riservata a Shakyamuni.[16]
Da tenere presente che a parte gli aspetti popolari che sconfinano in una pratica pressoché devozionale e quasi “teistica”, da punto di vista dottrinale, riscontrabile nei trattati e nei commentari di queste scuole, il punto di partenza di tutte queste manifestazioni è sempre e solo la vacuità (giapponese kū) così come viene espressa nelle dottrine, di matrice Tiāntái e riprese dal Tendai, denominate in giapponese enyū santai (圓融三諦) e ichinen sanzen (一念三千) anche se nella particolare interpretazione di Nichiren.
Daimoku e Gohonzon
La pratica più importante è il daimoku o odaimoku di fronte al gohonzon, ossia la recitazione del mantra Nam-myōhō-renge-kyō o Namu myoho renge kyo, resa scritta in pronuncia sino-giapponese (cinese antico secondo la pronuncia del giapponese antico), della frase Nánwú miàofǎ liánhuā jīng, che significa “rendo omaggio alla mistica legge del sutra del Loto” o dedico la mia vita alla mistica legge perfettamente dotata del sutra del loto. L’odaimoku fu proclamato da Nichiren il 28 aprile 1253. La Nichiren-shū (più aperta verso le altre forme di buddhismo), a differenza della Nichiren Shōshū e anche della Soka Gakkai, pratica anche, secondariamente, la meditazione buddhista silenziosa classica (analoga al śamatha-vipassana del Theravada o allo zazen dello zen, incentrate sul respiro e sulla contemplazione della vacuità) ricavata dallo zhǐguān/shikan praticato dalla scuola Tendai e chiamata joshingyo e jishingyo[18], pur essendo la recitazione del daimoku, spesso davanti alla pergamena del gohonzon (un maṇḍala che raffigura, in caratteri cinesi antichi, la cerimonia del Sutra del Loto e l’illuminazione di Nichiren) e congiungendo le mani nella postura di saluto detta gassho (facoltativamente tenendo in mano uno juzu), la pratica principale dei buddhisti Nichiren.[19] Myoho renge kyo è propriamente il titolo del sutra, Nam simboleggia l’omaggio; la parola ren significa appunto loto, che in giapponese si traduce anche con hokke, da cui deriva il nome della scuola di Nichiren.[20] Il daimoku ha secondo Nichiren il potere di migliorare il karma e la vita quotidiana del fedele, concendendogli benefici, virtù e meriti, e risvegliando così la sua natura di Buddha.
Il vero significato del Gohonzon è quello di “Oggetto di culto per osservare la propria mente” (kanjin no honzon): definizione che equivale a quella di “Oggetto di culto della fede”. Il Gohonzon di Nichiren Daishonin, secondo l’interpretazione della Soka Gakkai, non solo è il punto di riferimento “esterno” della fede, ma la stessa vita “diviene” il Gohonzon quando si crede in esso e si recita Nam-myoho-renge-kyo. A tale proposito Nichiren scrive: «Non cercare mai questo Gohonzon al di fuori di te. Il Gohonzon esiste solo nella carne mortale di noi persone comuni che abbracciamo il Sutra del Loto e recitiamo Nam-myoho-renge-kyo». In sintesi il Gohonzon rappresenta in questo caso l’elemento principale per l’ottenimento dell’illuminazione.
Il primo gohonzon fu inciso da Nichiren stesso, e riporta il daimoku circondato dal nome di Śākyamuni, quello di Viśiṣṭacāritra e di altri buddha e bodhisattva che compaiono nel sutra del Loto (es. Avalokiteśvara/Kannon, Mañjuśrī, Maitreya…); contiene anche diversi nomi della tradizione buddhista Tendai, quelli di alcuni kami (神) shintoisti (come Hachiman – il dio della guerra considerato da Nichiren un bodhisattva allievo del Buddha e un protettore del dharma nonché, in un altro gosho, un’emanazione dello stesso Shakyamuni – da lui invocato e rimproverato più volte perché rispettasse il suo voto di proteggere il Giappone all’epoca a rischio di invasione mongola e i devoti e l’inviato del Sutra del Loto, ossia Nichiren stesso, dalla persecuzione religiosa dello shōgun e del reggente Hojo, o alcune divinità legate al Sole e alla Luna), di tutti i personaggi nominati nel sutra e di arhat della tradizione buddhista; tutti questi protettori del mandala sono detti shoten zenji.
Ultimo gohonzon dipinto personalmente da Nichiren nel 1282, base per le copie utilizzate abitualmente dalla Nichiren-shu, conservate nei templi, consegnate ai fedeli o talvolta anche vendute. Il vero significato del Gohonzon è quello di “Oggetto di culto per osservare la propria mente” (kanjin no honzon): definizione che equivale a quella di “Oggetto di culto della fede”. Il Gohonzon di Nichiren Daishonin, secondo l’interpretazione della Soka Gakkai, non solo è il punto di riferimento “esterno” della fede, ma la stessa vita “diviene” il Gohonzon quando si crede in esso e si recita Nam-myoho-renge-kyo. A tale proposito Nichiren scrive: «Non cercare mai questo Gohonzon al di fuori di te. Il Gohonzon esiste solo nella carne mortale di noi persone comuni che abbracciamo il Sutra del Loto e recitiamo Nam-myoho-renge-kyo». In sintesi il Gohonzon rappresenta in questo caso l’elemento principale per l’ottenimento dell’illuminazione.
Il gohonzon ufficiale viene custodito nei templi o, per quello personale (pratica di tutte le scuole Nichiren), in un altare chiuso nelle case dei fedeli, detto butsudan, assieme a statue del Buddha Shakyamuni, di Nichiren, di Tahō nyorai (Buddha “Molti Gioielli” citato nel sutra del Loto), a volte dei quattro bodhisattva principali del sutra del Loto (Viśiṣṭacāritra/Jōgyō, Muhengyō, Jyōgyō, Anryūgyō) e oggetti rituali. La Nichiren shu si riferisce alla pratica rituale di invocazioni, gongyo e recitazione di Nam(u) myoho renge kyo (nella Shu detto sempre Odaimoku) col nome di Otsutome.
Nichiren Shoshu e Soka Gakkai vietano di fotografare e riprodurre gohonzon e di consegnarli senza cerimonia di consegna da parte dei monaci o dei capigruppo (detta “apertura degli occhi”); la prima ha autorizzato un’unica foto del Dai Gohonzon nel 1917; la Nichiren-shu autorizza la fotografia a fini illustrativi e la diffusione massima dei gohonzon, mentre praticanti in proprio e gruppi indipendenti contrari al settarismo diffondono anche le immagini dei gohonzon anche nei propri siti internet per chi desideri praticare su di essi, sostenendo che Nichiren inscrisse il primo gohonzon a beneficio dell’umanità intera e non solo dei seguaci. Inoltre nelle sue lettere spesso descrisse come realizzare gohonzon a beneficio dei praticanti[28] o ne dipinse di personalizzati per i fedeli, i quali li portavano anche in apposite borse al collo; essendo la pergamena un “riassunto” del sutra del Loto, la sua riproduzione e stampa (vietata invece dalla Soka Gakkai) sarebbe autorizzata secondo alcuni dallo stesso sutra come atto meritevole:
«Se qualcuno che crede e comprende, accetta, sostiene, legge, recita e copia questo sutra o lo fa copiare da altri, oppure offre doni ai rotoli del sutra, cospargendoli di fiori, incenso e polvere d’incenso; oppure brucia costantemente olio fragrante estratto dai fiori sumana, champaka o atimuktaka; se offre tali doni guadagnerà meriti incalcolabili, illimitati come il cielo sconfinato, e anche i suoi benefici saranno senza limiti.»
(Sutra del Loto: XVII capitolo)
Il tempio tradizionale della scuola Nichiren si compone di un Hondō, santuario principale che custodisce il Gohonzon in forma calligrafica e tridimensionale, statua di Nichiren con rappresentazioni alle sue spalle dei Buddha Sakyamuni e Taho Nyorai, uno Shakaden (sala dedicata al Buddha Sakyamuni), un Soshidō (tempio dedicato a Nichiren), un Kyakuden (sala per il ricevimento dei credenti e degli ospiti), nonché giardini per meditazione, sale per lo studio e alloggi dei monaci residenti. La Nichiren-shu italiana svolge anche pratiche in diretta video, utilizzando i nuovi mezzi di comunicazione. Le pratiche osservate nella Nichiren-shu verso il Sutra del Loto sono così elencate tradizionalmente:
- ricevere e propagare il Sutra sia mentalmente sia fisicamente
- leggere il Sutra in silenzio
- leggere il Sutra oralmente
- spiegare il Sutra ad altri
- ricopiare il Sutra come atto di devozione
Terra Pura del Buddha Shakyamuni
Il Triplice Mondo dove viviamo (mondo di sahā) è ritenuto costituente la Terra Pura immanente del Buddha Shakyamuni, ma visibile solo ai bodhisattva. Se durante la vita Nichiren aveva parlato di raggiungimento della buddhità nell’esistenza, sul finire della sua vita capì che bisognava approfondire l’aspetto ultraterreno, fondamentale ad esempio nell’amidismo. Riprese così, in maniera complementare, la dottrina Tendai della Terra Pura trascendente come luogo di passaggio in attesa della rinascita o di raggiungimento del nirvana dopo la morte: essa è rappresentata simbolicamente dal Picco dell’Aquila o Picco dell’Avvoltoio (dal nome del monte indiano Gṛdhrakūṭaparvata dove il Buddha predicò il sutra del Loto), che diviene la Terra Pura del Ryozen jodo, letteralmente “Terra Pura della Montagna dello Spirito” – dove il Buddha Shakyamuni in persona risiede e accoglie i discepoli fedeli che lì possono rinascere nella successiva esistenza.[29][30]
Rapporti con altre scuole e proselitismo
Della scuola Tendai, il Buddhismo Nichiren rigettò la pratica meditativa dello shikan, in quanto ritenuta inadatta nell’epoca attuale denominata mappō (末法), le pratiche esoteriche (密教 mikkyō) del taimitsu (台密), ritenute non conformi alle dottrine originali, e la pratica del nembutsu (念佛, recitazione del nome di Buddha Amitābha/Amida Butsu, ossia il mantra Nam Amida Butsu) quest’ultima sostituita dal daimoku (題目, letteralmente “titolo”, ma riferito a letteratura sacra come i sūtra, giapp. 経 kyō) ovvero dalla recitazione del titolo giapponese del Sutra del Loto, Nam myōhō renge kyō.
In particolare furono molto note le critiche di Nichiren – uso ad esprimersi anche con molta durezza verbale al fine di convertire i rivali[31] – alle altre principali scuole buddhiste giapponesi dell’epoca, riportate nel Risshō Ankoku Ron e nelle sue lettere (gosho), ed esse vertevano:
nei confronti dello Jōdo-shū (scuola della Terra Pura occidentale) per l’aver posto il Buddha Amitābha (阿彌陀佛, Amida Butsu, buddha cosmico e del passato remoto, ritenuto da Nichiren un Buddha dell’insegnamento provvisorio) in un ruolo di preminenza rispetto al Buddha Śākyamuni (釋迦牟尼佛, Shakamuni Butsu) e quindi nell’aver mutato la scala valoriale dello stesso Buddhismo, preferendo i sutra della Terra Pura al sutra del Loto;
nei confronti del Buddhismo Zen per aver questa scuola dimenticato il ruolo dei sutra, delle scritture buddhiste e, in particolar modo, del Sutra del Loto (con l’eccezione di Dogen il quale afferma il ruolo importante del sutra); la critica era rivolta specialmente agli ambienti zen più iconoclasti che proponevano di bruciare i sutra;
nei confronti dello Shingon per aver fatto prevalere gli insegnamenti esoterici (密教 mikkyō) del Vajrayāna di origine cinese-tibetana rispetto alle scritture originali dell’insegnamento “completo” del Buddha Śākyamuni ovvero al Sutra del Loto;
nei confronti della scuola Tendai, per aver accolto, sul suolo giapponese, gli insegnamenti esoterici (mikkyō, denominati nel Tendai come 台密 taimitsu) propri anche dello Shingon, abbandonando l’insegnamento genuino della Tian’tai basato sui sutra Mahayana.
Il confronto più acceso (tra le critiche mosse a Nichiren quella di essere intollerante e di essere in contrasto con il capitolo XIV del sutra), che generò scontri armati e la persecuzione fino al rischio della vita dello stesso Nichiren (condannato, graziato ed esiliato per aver messo in relazione le calamità naturali con la miscredenza del governo; Nichiren racconta del fenomeno celeste che gli permise di salvarsi in un gosho[23]), fu con i monaci amidisti dello Jodo-shu e la loro pratica del Nembutsu (invocazione ad Amitabha), che aveva ampio seguito tra i governanti ma era considerata da Nichiren un’eresia, in quanto non incentrata sul Buddha Shakyamuni, e non riportata nel Sutra del Loto.
Molti discepoli dell’amidismo avevano modificato le statue di Shakyamuni, pratica denunciata dal monaco, e alcuni seguaci di Nichiren fecero poi il contrario, o arrivarono a distruggere le statue e le immagini dei templi rivali, nonostante Nichiren non avesse prescritto ciò, concentrandosi sulla preminenza del sutra del Loto e del gohonzon piuttosto che sull’aspetto esteriore delle statue. Il monaco aveva subito anche un attentato alla sua vita da parte di seguaci laici della Jodo-shu, che il 27 agosto 1260 incendiarono la capanna dove viveva. Altri scontri si ebbero con i templi Tendai, che consideravano pericoloso lo scisma apportato dai Nichiren alla loro scuola.
Oltre ai tre veicoli (Hinayana, Mahayana, Vajarayana), si parla anche, nel sutra del Loto, delle tre vie all’illuminazione: la via degli śrāvaka o uditori (che divengono arhat), la via dei pratyekabuddha o buddha solitari e infine la via del bodhisattva/samyaksaṃbuddha; nel sutra il Buddha Shakyamuni rivela che non vi è differenza, sono solo espedienti per indicare l’unica via, il buddhaekayāna, o via per illuminazione dei buddha, detta anche grande illuminazione (mahābodhi) o illuminazione perfetta (anuttarā-samyak-saṃbodhi).[33] Il Mahayana indica come tale l’unione dei vari veicoli, mentre nella specificità Nichiren il “vero buddhismo” è rappresentato dal sutra del Loto stesso, ritenuto il centro e il fondamento del buddhadharma. Tale buddhekayana viene spiegato ai soli bodhisattva, ma con il sutra del Loto, Shakyamuni ha voluto esporlo a tutti.
Questa affermazione di rappresentare l’insegnamento fondamentale e vero, esplicitato in maniera più evidente nei rapporti con altre tipologie di buddhismo, è stato spesso causa di numerose controversie e scontri religiosi tra i buddhisti Nichiren e le altre scuole giapponesi. Il buddhista Nichiren spesso assume inoltre come dovere personale la diffusione attiva del dharma secondo l’interpretazione della scuola: infatti la via del Bodhisattva è intesa da Nichiren in due aspetti reciprocamente integrati: la “pratica per sé” (daimoku e gongyo) e “la pratica per gli altri” o shakubuku; per shakubuku (in giapponese “confutare”) viene oggi inteso il parlare agli altri di come la pratica buddhista Nichiren ha avuto degli effetti positivi nella propria vita per convincerli ad aderire; all’epoca di Nichiren esso consisteva in una predicazione anche aggressiva per combattere la malvagità altrui e gli insegnamenti “provvisori” delle scuole rivali, contrapposta alla predicazione più morbida (shoju, in cui si cerca di persuadere senza mettere in discussione le convinzioni altrui), per tempi e luoghi privi di nemici potenti. Questi due modi di argomentare vengono usati per convincere gli interlocutori della bontà delle proprie posizioni. Nichiren sostenne che vi sono tempi adatti all’Hinayana, altri alle dottrine Mahayana “provvisorie” e allo shoju, altri al “vero dharma” e allo shakubuku.
Le tre leggi segrete, i tre gioielli e le tre prove
Le Tre grandi Leggi segrete (Sandai-Hiho) sono: l’Oggetto di culto (gohonzon) dell’insegnamento originale, il Daimoku dell’insegnamento originale e il santuario dell’insegnamento originale (butsudan). Il termine segrete non significa “esoteriche”, ma nascoste nel Sutra del Loto (i seguaci di Nichiren credono che lui le rivelò per primo). Le Tre grandi Leggi segrete corrispondono e sono l’equivalente dei tre cardini del buddhismo: precetti (sila), meditazione (samādhi), saggezza (prajñā ): il gohonzon corrisponde alla meditazione, il santuario ai precetti, il daimoku alla saggezza.
I tre gioielli (Buddha, Dharma, Sangha), sono costituiti, nel buddhismo di Nichiren, rispettivamente dal Buddha eterno Shakyamuni, dal Sutra del Loto e da Nichiren con i suoi monaci e seguaci.
Per le tre prove si intendono tre verifiche della validità della pratica e della scuola: la prova documentaria, ossia se l’insegnamento sia in accordo con i sutra del Buddha (specialmente il sutra del Loto) e i gosho di Nichiren; la prova teorica, cioè se gli insegnamenti sono compatibili con la ragione e il senso comune, fino a dove essi possano giungere; la prova concreta, ovvero verificare su sé stessi e gli altri gli effetti della pratica, avvertendo intimamente il cambiamento in sé dovuto al risveglio della natura di Buddha, o vedendolo attorno a sé nei miglioramenti del mondo.
«La prova documentaria e la prova teorica sono vitali per giudicare la validità degli insegnamenti buddisti, ma la prova concreta le supera entrambe».»
(Nichiren, Gosho “La preghiera dei tre preti per la pioggia”)
Secondo le biografie antiche di Nichiren egli manifestò anche i poteri del Buddha o del bodhisattva[38] come prova. Egli distingue quattro poteri (del Buddha e della Legge, legati al gohonzon, della fede e della pratica, propri dell’essere umano), i quali permettono, se si ha fede nel daimoku e nel gohonzon[39], di realizzare l’illuminazione nella vita quotidiana.
La dottrina dei tremila mondi
«Quando esaminiamo la natura della vita con assoluta illuminazione, notiamo che non c’è un inizio che segni la nascita, e neanche nulla che denoti la morte.»
(Nichiren)
I dieci mondi (equivalenti Mahayana dei sei mondi di esistenza del Theravada) sono stati mentali insiti in ogni possibile momento dell’esistenza degli esseri senzienti nel mondo degli uomini (senza costituire luoghi fuori dal mondo degli uomini). La dottrina dei “Dieci mondi” differisce sostanzialmente da quella dei “Sei destini” non solo per il numero e le classi dei “regni” descritti (dieci e sei) quanto piuttosto nel fatto che la prima considera coesistenti in un medesimo mondo gli altri nove (e quindi presenti nella medesima vita di un individuo), mentre la seconda pur trattando degli esseri che passano da una condizione di esistenza all’altra lo fa nel senso della rinascita degli stessi; nel Mahayana (specie nelle scuole di derivazione Chán e Tendai) tale rinascita solitamente è ritenuta avvenire in unico mondo fisico. I dieci mondi sono: “Inferno” (sanscrito naraka; cinese 地獄 dìyù; giapponese jigoku); “Spiriti affamati” (sanscrito preta; cinese 餓鬼 èguǐ; giapponese gaki); “Animalità” (sanscrito: tiryagyoni; cinese: 畜生 chùshēng; giapponese: chikushō); “Asura” (sanscrito; cinese 阿修羅 āxiūluó; giapponese ashura): stato di ira, dove l’istinto animale del mondo precedente è controllato e finalizzato da attività egoistiche privo di interesse nei confronti dell’altro da sé; “Umanità” (sanscrito manuṣya; cinese 人間 rénjiān; giapponese ningen); “Divinità” (sanscrito deva; cinese: 天上 tiānshàng; giapponese tenjō); “Śrāvaka” (sanscrito; cinese: 聲聞 shēngwèn; giapponese shōmon): ascoltatori del Dharma, arhat; “Pratyekabuddha” (sanscrito; cinese 緣覺 yuánjué, giapp. engaku): Buddha da sé; “Bodhisattva” (sanscrito; cinese 菩薩 púsà, giapp. bosatsu); “Buddha” (cinese 佛 fó o fotuo, giapp. butsu o butsuda). Nella concezione di Nichiren essi possono anche coesistere in un istante, fino ai tremila mondi in ogni singolo momento dell’esistenza (ichinen sanzen).
«Per prima cosa alla domanda di dove si trovino esattamente l’Inferno ed il Buddha, un sutra afferma che l’Inferno esiste sotto terra ed un altro dice che il Buddha risiede a occidente. Ma, a un attento esame, risulta che entrambi esistono nel nostro corpo alto cinque piedi.»
(Nichiren)
Tramite la pratica del daimoku si possono cancellare anche le colpe pesanti (Nichiren stesso afferma di averne accumulate nelle sue vite precedenti), anche quelle peggiori, che conducono tramite il karma a rinascite lunghe anche dei kalpa negli “inferni” buddhisti (naraka).
Etica
Il buddhismo Nichiren accetta i precetti buddhisti (shila, giapponese kai), come le sei pāramitā, i precetti del Bodhisattva (cfr. voto del Bodhisattva e Quattro Voti del Bodhisattva), in un’ottica particolare, ad esempio nella scuola Nichiren è sufficiente abbracciare il daimoku per perseguire la via del bodhisattva senza la pronuncia solenne dei voti. Essi sono visti come l’impulso originale della vita a soccorrere gli altri, che la pratica consente di ricordare e approfondire.[43] Come altre scuole Mahayana, si segnala per un approccio più flessibile alle regole del vinaya (giapponese ritsu) e dei kai (ad esempio l’astensione dalle bevande alcoliche per i laici è letta come astensione dall’ubriachezza più che dalle bevande in sé, e anche il precetto del vegetarianismo delle scuole Mahayana è più elastico, e riservato ai monaci).
Statua di Nichiren posta a Nagasaki
Le numerose regole in vigore anche nel Mahayana furono sostituite dal “precetto del calice di diamante” (kongo-oki-kai in giapponese): osservando il sutra del Loto, che contiene i meriti dei Buddha passati e delle loro pratiche ascetiche ed etiche, nessuna trasgressione alla regola può scalfirlo ed esso riemerge con la pratica, che spontaneamente porta ad evitare comportamenti vietati o autodistruttivi.
«I cinque caratteri di Myoho-renge-kyo, il cuore dell’insegnamento Honmon del Sutra del Loto, contengono tutti i benefici delle pratiche e delle azioni meritorie di tutti i Buddha nelle tre esistenze. Come possono quindi questi cinque caratteri non includere i benefici ottenuti osservando tutti i precetti? Una volta abbracciato questo perfetto mistico precetto, un praticante non può romperlo, nemmeno se volesse. Perciò è chiamato il precetto [del calice] di diamante.»
(Nichiren, L’insegnamento, la pratica e la prova)
«Perfino un devoto del Sutra che sia incapace, che manchi di saggezza, che abbia un corpo impuro o che non osservi i precetti, sarà sicuramente protetto finché recita Nam-myoho-renge-kyo.»
(Nichiren)
Oltre alla pratica, sono raccomandate la disposizione alla compassione (jihi per tutti gli esseri) e alla bodhicitta, da raggiungere anche attraverso la diffusione massima della dottrina secondo il principio di kosen rufu, inteso come «pace e la prosperità del mondo secolare raggiunte attraverso la diffusione dell’insegnamento corretto del Buddha».
Col termine nichirenismo si indicò l’ideologia nazionalista di molti buddhisti Nichiren specie tra il periodo Meiji e la seconda guerra mondiale, anche se vi sono correnti che difendono il valore della pace e ostili al militarismo che fu propugnato in sincretismo con lo shintoismo imperiale (ad esempio l’ideologia dei fondatori della Soka Gakkai, Tsunesaburō Makiguchi e Jōsei Toda era contraria all’ideologia dominante nel Giappone dell’epoca, propugnante l’unificazione di tutte le scuole sotto lo shintoismo in sostegno morale allo sforzo bellico). Modernamente, i buddhisti Nichiren sostengono solitamente la nonviolenza e la pace, almeno questa è la posizione ufficiale di gruppi come la Soka Gakkai.
Secondo Nichiren, influenzato anche dallo shintoismo, ogni aspetto della vita è sacro, e in accordo con le dottrine Mahayana, non esistono confini veri tra saṃsāra e nirvana, si tratta solo di un espediente retorico espositivo usato dal Buddha. Anche gli stessi desideri terreni, oggetto di cui liberarsi secondo il buddhismo dei Nikāya e la dottrina delle quattro nobili verità, come in altre scuole Mahayana posso essere usati a scopo benefico per ottenere la bodhi e risvegliare la natura di Buddha presente in ogni essere senziente (衆生 shūjō) giungendo alla buddhità:
«La vera entità che si manifesta in tutti i fenomeni indica i due Buddha Shakyamuni e Taho (seduti insieme nella Torre Preziosa). Taho rappresenta tutti i fenomeni e Shakyamuni la realtà. I due Buddha indicano anche i due princìpi di oggetto (kyo) e soggetto (chi) o realtà (oggettiva) e saggezza (soggettiva). Il Buddha Taho rappresenta l’oggetto e Shakyamuni il soggetto. Benché siano due, si fondono in uno nell’Illuminazione. Questo è l’insegnamento più importante. È l’insegnamento che “i desideri terreni sono Illuminazione” e “le sofferenze di vita e morte sono nirvana”. Se si recita Nam-myoho-renge-kyo durante il rapporto sessuale fra uomo e donna, i desideri terreni si trasformano in Illuminazione e le sofferenze di nascita e morte in nirvana. Le sofferenze diventano nirvana quando si comprende che l’entità della vita umana non viene né generata né distrutta nel suo ciclo di nascita e di morte. Il sutra Fugen afferma: «Anche senza annullare i desideri terreni o eliminare i cinque desideri, si possono purificare tutti i sensi e sradicare tutte le colpe». Nel Maka shikan si afferma che «le illusioni e i desideri terreni sono Illuminazione e le sofferenze di nascita e morte sono nirvana». Nel capitolo Juryo del Sutra del Loto si legge: «Questo è il mio pensiero costante: come posso far entrare tutti gli esseri viventi nella più alta Via affinché ottengano rapidamente la Buddhità». E il capitolo Hoben afferma: «Tutti i fenomeni sono manifestazione della Legge e sono eterni». L’entità di tutti i fenomeni non è altro che Nam-myoho-renge-kyo.»
(Nichiren Daishonin, La Legge originale di Myoho-renge-kyo)
Questo insegnamento è sintetizzato con la frase “i desideri terreni sono illuminazione”, in giapponese bonno soku bodai, per cui, attraverso il daimoku – ponendo l’obiettivo nel qui e ora come nello zen e nel Tendai – i desideri e le illusioni (visti con connotazione negativa nel buddhismo hīnayāna derivato dalla cultura indiana) diventano hoben, mezzi abili ed espedienti usati dal Buddha per insegnare a conseguire l’illuminazione a tutti gli esseri in tempo minore, in stile Mahayana e secondo quanto dichiarato nel Sutra del Loto. Moralmente, come altri buddhisti, anche i Nichiren sono contrari all’aborto, anche se la Soka Gakkai lascia libertà di coscienza; la Soka Gakkai è contraria alla pena di morte e favorevole a una libera scelta di suicidio ed eutanasia in casi di grave malattia, e ai diritti degli omosessuali; la morale sessuale raccomandata per i laici, odiernamente, non condanna il sesso non procreativo ed extramatrimoniale ma esprime preferenza per la monogamia e la fedeltà contro una sessualità promiscua, promuove il rispetto della donna, ribadisce i divieti dei precetti buddhisti tradizionali (incesto, stupro, zoofilia), afferma la sincerità assoluta nel rapporto di coppia. L’insegnamento di Nichiren è comunque da alcuni considerato rivoluzionario e “progressista”, dato che egli fu il primo pensatore giapponese a dichiarare che le donne potessero ottenere la piena illuminazione, e la pari dignità sociale delle donne praticanti, discussa da secoli nel buddhismo (in Giappone le donne erano tradizionalmente tenute invece all’obbedienza verso padri, mariti e figli maggiori). La Soka Gakkai riporta che Nichiren attribuì il titolo di Shonin (santa) a numerose sue discepole.
Gli ostacoli
Non tutti i desideri sono positivi: i desideri negativi, gli impedimenti e gli impulsi che invece distraggono dalla pratica sono invece chiamati come i demoni della tradizione buddhista, visti da alcuni come entità spirituali da altri come simboli della fragilità del meditatore (essi sono presenti anche nel gohonzon in quanto si sottomettono al Buddha Shakyamuni, alcuni diventano perfino suoi seguaci e fanno voto, nel sutra del Loto, di proteggere il sutra stesso e i fedeli del Buddha, allo stesso modo è presente il traditore Devadatta[64]); Nichiren afferma che il “demone del sesto cielo” (Tenji-ma, o Māra, il dio che cercò di distogliere il Buddha dal risveglio) è il loro capo: «Quando la pratica progredisce ed aumenta la conoscenza, i tre ostacoli e i quattro demoni emergono, facendo a gara per interferire. Non dovete farvi influenzare né spaventare da loro. Se vi fate influenzare, sarete trascinati nei cattivi sentieri. Se vi fate spaventare, vi sarà impedito di praticare il vero Buddhismo ( […] ) quando incontra qualcuno che ha rivolto il suo cuore al bene, cerca di ostacolarlo (…) L’oscurità fondamentale si manifesta come Re demone del sesto cielo»[65]; metaforicamente è rappresentato come un re con dieci eserciti, e simboleggia i pensieri e le azioni negative, gli eccessi, il disprezzo, la voglia di dominare gli altri, l’attaccamento eccessivo al piacere, la voglia di accumulare ricchezza, le persecuzioni e i tre veleni della mente (ignoranza, avidità e odio/rabbia). I quattro demoni sono raffigurazione di impedimenti: impedimento dovuto ai cinque aggregati; impedimento dovuto alle illusioni e ai desideri; impedimento della morte, poiché la propria morte prematura impedisce la pratica, oppure la morte di un altro praticante provoca dubbi nel praticante; l’impedimento del re demone del sesto cielo.
«Il Daishonin afferma che il re demone del sesto cielo attacca le forze del bene con i suoi «dieci eserciti», elencati nel Trattato sulla grande perfezione della saggezza: avidità; scoraggiamento; fame e sete; amore dei piaceri; sonnolenza e apatia; paura; dubbio e rimpianto; rabbia; brama di fama e ricchezza; arroganza e disprezzo per gli altri. Sono tutte funzioni demoniache che sorgono dalla nostra interiorità.»
(Daisaku Ikeda, Commento al gosho “La grande battaglia”)
La più temibile manifestazione di quest’ultimo impedimento è però rappresentata e personificata dalla persecuzione da parte di autorità, famigliari o altri, che diventano nemici del devoto. Per i tre potenti nemici, Nichiren intende appunto tre tipi di esseri umani che perseguitano per ignoranza o motivi di interesse coloro che propagano il Sutra del Loto, come descritti nel sutra stesso e raggruppati in: laici che ignorano il vero buddhismo e parlano male dei devoti del Sutra del Loto, attaccandoli con spade e bastoni; preti arroganti e astuti che calunniano i devoti; preti rispettati che, per timore di perdere potere, inducono le autorità a perseguitare i devoti, come il Buddha fu perseguitato e osteggiato anche nelle sue vite precedenti da numerosi religiosi (capitolo XX del sutra del Loto); ma come i suoi persecutori furono puniti con la retribuzione karmica, il Buddha e Nichiren predicono che anche i persecutori dei seguaci futuri del sutra subiranno la stessa sorte.
Infine, con l’espressione hendoku iyaku (“trasformare i veleni in medicina”, ripresa da Nāgārjuna) Nichiren indica la trasformazione delle esperienze negative in positive.