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LESSICO NATURALE

IL CERAMBICE LUNGO IL SENTIERO

15 Giugno 2020

Una sera di fine maggio un uomo, che occasionalmente s’interessa di Coleotteri pur senza definirsi propriamente entomologo, passeggia sul crinale che fa da spartiacque tra Valdarno e Chianti. Lungo la strada bianca e ocra i quercioli dalle foglie come corone verdi protendono le loro ombre che, dato il contesto, è appropriato definire terra di Siena bruciata. All’uomo, che abitualmente abita in periferia e si occupa professionalmente di affari di finanza, i tronchi paiono ricamati di licheni, mentre le ginestre gialle e profumate tingono di giallo anche la scura lama dei cipressi. Da una parte appare la cavalcata di colline e di dossi serrati, adorni d’oro, dall’altra s’apre la valle dell’Arno col massiccio argenteo del Pratomagno e i suoi ruscelletti danteschi. Polvere. Sente sapore di polvere sui denti e le gengive mentre attraversa la macchia di rose canine mézze, cisti spampanati e verdi felci selvatiche. Torna sulla strada e trova un cerambice che gli è familiare e che da ragazzo rispondeva al nome di Dorcatypus tristis, ma che le revisioni tassonomiche hanno riclassificato. Lo vede incedere mollemente strascicando fra i trucioli di ghiaia color avorio; ne vede prima l’ombra, poi le antenne. Il cerambice si finge morto e in tanatosi mostra all’aria i tarsi larghi come pantofole, incipriati. Osserva la livrea cinerina, i quattro ocelli neri sulle elitre brune. Non è un caso se il “Linneo della Carniola”, al secolo Giovanni Scopoli, nel 1772, lo avesse battezzato come Cerambyx pulverulentus… Più avanti, seguendo la strada bianca, s’arriva all’antico monastero. Il sole inizia a calare sui vigneti. L’uomo lascia l’insetto al suo posto, all’interno di questa cornice, e inizia a grattare il suolo, la terra, rompendosi le unghie fragili di cittadino, screpolandosi le mani. Cerca forse qualcosa, se raspa come un segugio, svellendo radichette e erbe secche fino a giungere al galèstro. Vorrebbe avere le mani di un contadino, vorrebbe dimorare in terra come la larva del Dorcatypus, dormire tra le radici del Lapazio o dell’Artemisia e non desiderare nient’altro. Vorrebbe essere il cerambice. Non vorrebbe mai, per nessuna ragione, dover tornare in città.

 

Tommaso Lisa, IL CERAMBICE LUNGO IL SENTIERO, Herophila tristis ( Linneo, 1767 )

 

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