Bill Mollison: una rivoluzione gentile per un mondo vivibile

Bill Mollison (1928–2016), biologo, ecologo e pensatore australiano, è stato il fondatore della permacultura, un sistema di progettazione ecologica nato come risposta concreta alle crisi ambientali, economiche e sociali del nostro tempo. Non si tratta di una tecnica agricola alternativa, ma di una visione integrata della vita: un modo per abitare il mondo con intelligenza e rispetto, lavorando con la natura anziché contro di essa.

Formatosi in un contesto rurale e con una profonda conoscenza dei sistemi naturali, Mollison non ha mai avuto un approccio accademico. Rifiutava la protesta sterile e preferiva costruire alternative: secondo lui, la vera rivoluzione non si fa nelle piazze, ma nei giardini, nei villaggi, nelle case autosufficienti, nelle comunità resilienti. Le sue critiche al modello capitalista-industriale erano nette e sistemiche: un’economia basata sulla crescita infinita in un pianeta finito è per definizione destinata al collasso. Denunciava l’agricoltura intensiva, la distruzione degli ecosistemi, l’alienazione delle persone dal proprio ambiente, la dipendenza da un sistema che consuma più risorse di quante ne restituisca.

La sua risposta non era teorica, ma radicalmente pratica. La permacultura – termine nato dalla fusione di “agricultura permanente” e “cultura permanente” – è un approccio basato sull’osservazione della natura e sulla progettazione etica: ogni elemento in un sistema deve servire più funzioni, ogni scarto può diventare risorsa, ogni ostacolo può rivelarsi una soluzione. La sua etica si riassume in tre principi fondamentali: prendersi cura della Terra, prendersi cura delle persone, condividere equamente le risorse. Questi valori guidano la progettazione di ambienti produttivi, durevoli, adattabili e rispettosi della biodiversità, dal singolo orto fino all’intera organizzazione sociale.

Per Mollison, la diversità è sinonimo di resilienza. I sistemi viventi prosperano grazie alla varietà e alla cooperazione, non alla competizione cieca. Da questa intuizione deriva un modo di pensare circolare e inclusivo, in cui agricoltura, architettura, energia, economia ed educazione vengono ripensati come parti interconnesse di un unico ecosistema umano e naturale. Non c’è distinzione tra ecologia e giustizia sociale: la crisi climatica, secondo Mollison, è la manifestazione esteriore di un errore culturale più profondo.

Il suo lavoro, diffuso in tutto il mondo attraverso corsi, manuali, documentari e comunità, ha ispirato migliaia di progetti e una nuova generazione di progettisti ecologici. La sua voce, spesso ironica e affilata, continua a risuonare come un invito all’azione concreta e consapevole: “Non aspettarti che i governi risolvano i problemi. Crea piccoli paradisi dove sei. Se lo facessimo tutti, avremmo un mondo nuovo in pochi anni.”

Bill Mollison non ha lasciato un’utopia, ma una mappa. Una mappa per vivere meglio, consumare meno, condividere di più. Una proposta rivoluzionaria che non punta alla conquista del potere, ma alla rigenerazione del senso. In un tempo segnato da collassi ambientali e culturali, la sua eredità è più attuale che mai: progettare sistemi resilienti, coltivare la bellezza della cooperazione, imparare dalla natura per tornare umani.

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